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Cenni storici

L’originale palazzo non arrivava fino alla piazza di S. Antonino, da cui lo dividevano due edifici che furono in seguito incorporati ed erano anticamente di spettanza della Congregazione di San Alessandro.

La famiglia Anguissola, una delle più antiche ed importanti famiglie del patriziato piacentino, -una delle quattro grandi casate della locale aristocrazia con gli Scotti, i Malvicini Fontana e i Landi- il 12 gennaio 1483 aveva ottenuto dal duca di Milano Giangaleazzo Sforza l’investitura feudale su Cimafava e San Damiano.

In seguito Pierantonio Anguissola venne investito del titolo di Conte di Cimafava dal duca di Parma Ranuccio II.

Il ramo principale della famiglia riunì nelle proprie mani la proprietà di tutto il Palazzo con atti rogati dal notaio Marco Antonio Rossi del 29 novembre 1726 e del 5 gennaio 1728.

Già nel 1699 gli Anguissola avevano chiesto di poter ricostruire la facciata dell’edificio sulla base di una perizia di Giuseppe Cremonesi dell’8 giugno e per opera di mastro Giacomo Bernini. L’8 luglio ne ricevettero l’autorizzazione.

In seguito anche la Congregazione di S. Alessandro ed il dr Taini (quest’ultimo con rogito notaio Antonio Schizzati del 1 luglio 1757) vendettero le loro case agli Anguissola, la cui proprietà non arrivava ancora fino alla piazza essendo il Palazzo separato da una piccola casa di proprietà di certi Barbieri che venne acquistata ed unita al palazzo dai conti Rocca, subentrati agli Anguissola soltanto nei primi decenni del 1800.

Dal 1750 il conte Ottaviano Anguissola, canonico della cattedrale di Piacenza, e suo fratello il conte Giovanni, prefetto di camera di S.M. Cattolica la Regina di Spagna dal 1728, ottennero la cittadinanza milanese dall’Imperatrice Maria Teresa.

Nel 1752 presentarono un progetto per la ricostruzione del Palazzo probabilmente redatto dal noto architetto Gianandrea Boldrini.

I lavori, subito iniziati, vennero fermati nel 1753 su richiesta della loro vicina Vittoria Salici Muggiani che asseriva esserle stata tolta parzialmente la visuale.

Gli Anguissola non desistettero dai loro intenti e presentarono un nuovo progetto con una mappa dell’edificio, forse opera dello stesso Boldrini, del 3 giugno 1759.

Nel 1765 il Palazzo, ormai terminato, era del conte Giovanni Anguissola.

Esso aveva ben tre cortili, un magnifico loggiato di sfondo al cortile principale, un grande scalone l’onore che conduceva al piano superiore dove, attraverso una galleria, si accedeva all’immenso salone delle feste, interamente decorato con le imprese di Alessandro Magno, opera del pittore milaese Federico Ferrari per la parte figurativa.

La parte ornamentale venne invece affidata al pittore Felice Biella che, assieme al Ferrari, aveva affrescato nel 1762 la Chiesa di S. Vincenzo e poi il palazzo Sanseverino.

Il conte Ottaviano Anguissola aveva testato il 9 novembre 1761, per atto notaio Antonio Schizzati, e lo stesso aveva fatto suo fratello, il conte Giovanni, il 12 febbraio 1762.

Il Palazzo toccò all’unica figlia di Giovanni, la contessa Clara Anguissola, sposata senza figli al conte Francesco Chiapponi. Ad essa, secondo le disposizioni fidecommissarie dello zio e del padre, avrebbero dovuto succedere i conti Trissino da Lodi e Rocca di Corneliano, discendenti dagli Anguissola di Cimafava in linea femminile.

Il 24 febbraio 1769 la contessa Clara venne ad accordi con i conti Rocca, per atto notaio Antonio Schizzati, e fece redigere un inventario dei beni della primogenitura Anguissola il 29 novembre 1781 per atto notaio Gaspare Razzetti.

Subito dopo, in previsione di ottenere la proprietà di tutto il Palazzo, i conti Rocca comprarono la casetta a quei tempi di spettanza della famiglia Gatti (atto dell’11 maggio 1786 per rogito notaio Antonio Rovellini).

Già dal 1796 i Rocca ebbero la disponibilità dell’edificio in cui abitarono benchè fosse ancora viva la contessa Clara Anguissola che lasciò ai Rocca i beni derivanti dalla primogenitura eretta dai suoi antenati.

Subito dopo i conti Rocca acquistarono la parte del Palazzo appartenente ai conti Trissino da Lodi e la casa dei Barbieri, posta sulla piazza S. Antonino, che venne quindi sopralzata e portata a livello dell’attiguo Palazzo. mantenendo lo stesso stile e le stesse decorazioni.

Questo ramo dei conti Rocca si estinse con le contesse Anna e Giuseppina, sposate rispettivamente al conte Gianbattista Nasalli ed al nobile Pietro Ricci Oddi, e con la contessa Teresa, rimasta nubile.

I discendenti della contessa Anna, i conti Nasalli Rocca di Corneliano, ne hanno conservato la integrale proprietà quasi sino ai nostri giorni.

Tra i membri delle famiglie proprietarie sono da ricordare importanti personalità della storia e della cultura piacentine, come il giurista Pietro Anguissola, il letterato Ignazio Rocca, celebre epigrafista, e G. Nasalli Rocca, autore della nota guida di Piacenza, che abitarono il palazzo animandolo come sede di centri culturali e musicali.

A testimonianza dell'importanza dell'edificio per la vita culturale e politica della Piacenza di inizio 800 sono citati due avvenimenti che si sarebbero verificati nelle sale del palazzo:

"...il 22 giugno 1800 un consiglio di guerra dei francesi vincitori a Marengo è stato tenuto in casa del conte Ignazio Rocca ..."

"...il 26 agosto del 1803 alle ore 14 in una camera superiore d'angolo verso strada ... dinanzi al Giureconsulto Antonio Corvi ...stipulavasi il contratto pel teatro che una società di cittadini intendeva far costruire dal Tenente Ingegnere e Architetto Lotario Tromba...".

Il Palazzo, che rappresenta uno dei più interessanti edifici settecenteschi della città di Piacenza, dispone di due ali che si dispiegano ai lati del cortile centrale.

L’ala del Palazzo che insiste sulla via Giordani e sulla Piazza S. Antonino appartiene ora a diversi proprietari che, spinti dal desiderio di restituire l’edificio ai suoi antichi splendori, con lodevole dedizione hanno provveduto al suo restauro.

Le opere di restauro, dirette dall’arch. Piergiorgio Armani e dall’ing. Alberto Catulli, sono state eseguite sotto la vigilanza delle Soprintendenze per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Bologna, delle Province di Parma e Piacenza; si ringraziano in particolare il Soprintendente arch. Giorgio Cozzolino, l’arch. Luciano Serchia, l’arch. Camilla Burrese.

Cariparma ed Unicredit hanno generosamente contribuito alla loro realizzazione.

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